Archivio mensile 06/08/2014

IL NOSTRO MOMENTO

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Si dice da sempre che la musica rock sia la musica giovane, anzi la musica per i giovani. E sì, sono senz’altro per la maggior parte i ragazzi che si ritrovano sotto qualche palco per ballare, cantare, scatenarsi e rimarcare anche fisicamente, oltre che spiritualmente, la loro giovinezza.

Anche i mezzi di comunicazione hanno sempre definito il rock come la musica giovane; io stesso ho avuto ampiamente modo di verificare quanto sopra durante la mia lunga permanenza nei Modena City Ramblers: l’85% del pubblico era – ed è ancora – composto da giovani e giovanissimi.

Poi però, come sempre, esistono delle eccezioni. Esistono cioè dei momenti in cui la musica – anche quella rock –  è destinata a persone meno giovani, scatenando inevitabilmente un’ondata di emozioni variegate e fortissime,  pari a quelle vissute da persone più giovani e ristabilendo un ordine democratico e paritario tra le diverse generazioni. Il 27 luglio 2014 io ho assistito ad uno di questi momenti, e per la prima volta mi sono trovato dall’altra parte della barricata, ossia tra i cosiddetti matusa.

L’evento si è verificato a Cortona (AR), splendida città etrusca adagiata sulle colline della Valdichiana, nell’ambito del Mix Festival 2014; protagonista dell’evento uno dei mostri sacri della musica rock progressive, il chitarrista STEVE HACKETT, che accompagnato da un gruppo di musicisti si è prodotto in una delle serate tecnicamente più potenzialmente pericolose per quanto riguarda la produzione di ferormoni nostalgici liberi nell’organismo umano: suonare la musica dei primi GENESIS! Dalla notte dei tempi il gruppo inglese è stato uno dei più amati della scena prog anni 70, e la dipartita di PETER GABRIEL nel 1974 sostituito da PHIL COLLINS ha scatenato dibattiti infiniti e discussioni intensissime tra i fans: meglio prima o dopo? Qual’è la migliore line up del gruppo? e via discorrendo. Adesso Hackett si presenta in tour con un gruppo di musicisti sconosciuti ai più nell’intento di riprodurre quella magia e quel suono senza i suoi celebratissimi ex colleghi. Salto mortale senza rete, viene da pensare. Ma la curiosità è davvero troppa per mancare.

Arrivo a Cortona nel tardo pomeriggio. L’atmosfera è davvero splendida: oltre ai tantissimi turisti stranieri che abitualmente invadono la città ci sono molte persone dirette al concerto e ai vari appuntamenti che il Festival ha organizzato. Mentre salgo la ripida salita che porta in piazza Signorelli sento delle voci microfonate provenire da dentro una chiesa: metto il naso dentro e vedo ERNESTO ASSANTE e GINO CASTALDO, ossia il gotha del giornalismo musicale italiano, intervistare la segretaria dei BEATLES. Subito mi scappa un sorriso: c’è qualcosa di diverso dal solito, dai soliti concerti. Fatico un attimo a mettere a fuoco di cosa si tratta, e proseguo la mia salita verso la piazza. Arrivo in una piazza piena di gente, dove lo spazio del concerto era già delimitato da transenne che però consentivano ancora un passaggio pedonale. Sento della musica provenire dal palco e mi affaccio: c’è ancora il gruppo sul palco che fa il soundcheck, stanno provando THE RETURN OF THE GIANT HOGWEED. Mi guardo intorno e mi vedo circondato da tanta gente, tutta con un telefono o un tablet in mano intenta a riprendere la scena. Hanno tutti sopra i quarant’anni e soprattutto hanno tutti la medesima espressione: occhi sbarrati e la bocca semiaperta in un sorriso diviso tra sorpresa e felicità estrema. E allora capisco qual’è la cosa diversa rispetto ad altre situazioni che prima mi sfuggiva: siamo tutti vecchietti! Siamo, ovviamente ma non troppo, un pubblico di mezz’età che ha colto l’occasione di sentire della musica meravigliosa dal vivo per la prima volta nella loro vita, suonata non da una cover band ma da uno dei protagonisti originali. Una volta compreso tutto questo, non vedo l’ora che si inizi.

Raggiungo il mio posto a sedere, e mentre aspettiamo nell’impianto suona della musica, in molta della quale spadroneggia una cornamusa irlandese. Segno buono, penso…Alle 21,30 esatte tra l’entusiasmo generale parte l’inconfondibile arpeggio di apertura di DANCE ON A VOLCANO. Il gruppo suona bene, la resa è più che buona, per quanto sia ovviamente impossibile non sentire l’assenza di Gabriel e Collins, ma tutti svolgono il proprio compito con diligenza, attenzione e professionalità. Il suono della Gibson di Hackett troneggia, ora cattivo ora dolcissimo, proprio come in quegli album che abbiamo tutti divorato per anni. In più di un momento la commozione prende il sopravvento: sentire dal vivo THE MUSICAL BOX, DANCING WITH THE MOONLIT KNIGHT o SUPPER’s READY suonata da Hackett in persona non ha prezzo. Mi guardo ancora intorno: ci sono amici, tanti, e persone che non conosco, tutti della mia generazione. Molti di noi hanno gli occhi lucidi, altri cantano, moltissimi sorridono. Ed è lì che mi accorgo che i veri protagonisti della serata siamo noi. E’ la nostra serata. Il nostro momento. Per una sera i ragazzi più giovani passano in secondo piano. Certo, ce n’erano alcuni tra il pubblico, ma quella è la serata della nostra riscossa, la carica degli ultraquarantenni! Siamo di nuovo, per una sera, liberi di cantare, ridere, piangere, godere fisicamente per la cosa più bella che ci sia al mondo: la musica. E che musica: i Genesis in persona! Attenzione: non si tratta solo di nostalgia per quando eravamo giovani e quindi le cose erano per forza migliori. C’è di mezzo, secondo me, anche un discorso musicale trasversale, un pensiero a quando la musica aveva un’importanza diversa nella nostra società. Ed è come sottolineare di nuovo, ricordare che era possibile scrivere qualcosa di bellissimo che non durasse necessariamente tre minuti e mezzo altrimenti le radio non l’avrebbero passata; e visto che ancora oggi gli stessi protagonisti di quella musica sono in giro a suonarla, personalmente voglio credere che sia ancora possibile farlo oggi. Se poi dura cinque minuti anzichè sette pazienza! Finito il concerto, come una volta, tutti a discutere: questo brano è venuto meglio, quello peggio, il bassista bravissimo, ma insomma, a me è piaciuto più il tastierista, certo che Collins e Gabriel…tutto sempre col sorriso di chi ha consumato la sua riscossa. Se mai ce ne fosse bisogno mi rendo conto, sempre di più, del potere della musica.

Quando è buona.