GANGS OF NEW YORK. Come ti entro nel rutilante mondo del cinema


Nel 2000  il mio amico Marcello De Dominicis, grandissimo esperto di musica popolare celtica, venne incaricato di fare il consulente musicale per il grande film di Martin Scorsese che sarebbe stato girato a Cinecittà. Servivano inoltre musicisti locali, italiani, possibilmente ferrati in materia di musica irlandese,quindi fu abbastanza automatico pensare anche al sottoscritto.

Il lavoro consisteva in registrare un paio di brani in studio, a Roma; successivamente quella musica sarebbe entrata a far parte della colonna sonora del film ed usata per il playback in fase di girato.

La registrazione in sè non fu particolarmente gratificante, ma ovviamente il cuore dell’evento fu girare una scena in un film così importante. Innanzitutto la scenografia: Dante Ferretti aveva ricostruito mezza New York nel 1860 con una dovizia di particolari incredibile. Imparai molto velocemente che è la cura dei particolari che fa la differenza a quei livelli:Scorsese mirava all’Oscar, e per vincere un Oscar con un film storico devi sciorinare una precisione nei dettagli assolutamente maniacale.

Prima fase: i costumi. Una stanza intera piena di vestiti ottocenteschi, cilindri. bombette, scarpe durissime, camicie ruvide. Poi, il tocco di classe: GRASSO DI FOCA IN TESTA!!
Pensate che profumino….

Seconda fase: l’attesa. Ore ed ore senza fare assolutamente niente se non ascoltare i racconti di alcune comparse che asserivano di aver lavorato con tutti i registi più grandi (benissimo, salvo che nessuno se li ricorderà in quanto comparse…) ed allontanare l’immancabile venditore di orologi ( aoh, so’ rolez verii!). Che scatole..

Terza fase: il professionismo americano e quello italiano. Daniel Day Lewis, Di Caprio, Cameron Diaz, Martin Scorsese: che volete di più? una qualità così alta me l’ero sognata fino ad allora. Per quanto riguarda quello italiano, successe anche questo: la scena in cui facevo la comparsa prevedeva una serie di accoppiamenti carnali nella taverna tra signorine molto poco vestite e birbaccioni in costume d’epoca; tra le signorine spiccava una certa Eva Henger, nota professionista del settore. Il set era, ovviamente, doppiamente blindato. Al terzo ciak parte la musica, noi suoniamo in playback facendo dei movimenti prestabiliti, e uno di noi viene a trovarsi esattamente davanti a Eva Henger impallando un barista il quale, incurante delle macchine che stanno girando, sbotta in un perfetto romanesco: “Ahò, scansete che nun vedo un c…!!! Vi lascio immaginare il direttore di produzione: una belva scatenata che insultava a ripetizione il povero barista…A parte tutto, comunque, una esperienza davvero indimenticabile!

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