SAN PATRIZIO

SAN PATRIZIO

Come ogni anno arriva il 17 marzo, giorno in cui si celebra la festa di San Patrizio, santo patrono d’Irlanda; e immediatamente quasi in ogni angolo del pianeta si forma un capannello di persone che beve qualcosa, suonando e cantando musica irlandese. E’, se vogliamo, uno degli aspetti positivi della globalizzazione, anche se suscita sempre una certa curiosità vedere un giapponese o un russo (ma naturalmente anche un italiano) imbracciare un tipico strumento come le uilleann pipes o il bodhran e sfoggiare una competenza degna del CNR su reels, jigs e canzoni popolari dell’isola verde.

In realtà non c’è molto da meravigliarsi: qualche decennio fa in Italia, per esempio, è successa la stessa cosa con il blues (parlo degli anni 80), quando per contrastare l’avanzata di certi suoni plasticosi e mininimalisti ci fu una autentica esplosione di americanismo, anche un pò tamarro (ricorderete stivaletti a punta a go-go) che portò un sacco di gente a suonare i classici di Robert Johnson pur non essendo particolarmente americani o….neri!

Sarebbe, però, semplicistico limitarsi a definirla solo la moda del momento: ognuna di queste ondate si è fondata sempre soprattutto sul riconoscersi in un modo espressivo, strettamente collegato al proprio stato d’animo o al proprio carattere; così abbiamo avuto nichilisti datisi al blues cantando la propria dannazione partendo da uno splendido condominio anni 50, ragazzi bravissimi e buonissimi che si davano al trash metal sbattendo contro le pareti delle loro camere, e  sognatori ad occhi aperti abitanti mondi paralleli che suonavano slow air davanti al poster delle Cliffs of Moher. In ogni caso a guidare tutto c’era sempre la sensibilità del singolo e una buona dose di casualità che ha fatto coincidere le necessità del proprio momento con le caratteristiche di certe sonorità e certi generi musicali.

E’ successo così anche a me: ed oggi, a vent’anni di distanza, guardo la mia agenda che in questa settimana impazzisce regolarmente, diventando piena come non mai,  e mi sento particolarmente fortunato per non aver dimenticato di essere quello che sono e da dove vengo;  così mi posso godere delle splendide serate di musica senza… fingere di essere di Cork o Belfast, anche perchè il mio accento non mente e i miei capelli sono (ancora per poco) neri anzichè rossi….

 trifoglio
Come ogni anno arriva il 17 marzo, giorno in cui si celebra la festa di San Patrizio, santo patrono d’Irlanda; e immediatamente quasi in ogni angolo del pianeta si forma un capannello di persone che beve qualcosa, suonando e cantando musica irlandese. E’, se vogliamo, uno degli aspetti positivi della globalizzazione, anche se suscita sempre una certa curiosità vedere un giapponese o un russo (ma naturalmente anche un italiano) imbracciare un tipico strumento come le uilleann pipes o il bodhran e sfoggiare una competenza degna del CNR su reels, jigs e canzoni popolari dell’isola verde.

In realtà non c’è molto da meravigliarsi: qualche decennio fa in Italia, per esempio, è successa la stessa cosa con il blues (parlo degli anni 80), quando per contrastare l’avanzata di certi suoni plasticosi e mininimalisti ci fu una autentica esplosione di americanismo, anche un pò tamarro (ricorderete stivaletti a punta a go-go) che portò un sacco di gente a suonare i classici di Robert Johnson pur non essendo particolarmente americani o….neri!

Sarebbe, però, semplicistico limitarsi a definirla solo la moda del momento: ognuna di queste ondate si è fondata sempre soprattutto sul riconoscersi in un modo espressivo, strettamente collegato al proprio stato d’animo o al proprio carattere; così abbiamo avuto nichilisti datisi al blues cantando la propria dannazione partendo da uno splendido condominio anni 50, ragazzi bravissimi e buonissimi che si davano al trash metal sbattendo contro le pareti delle loro camere, e  sognatori ad occhi aperti abitanti mondi paralleli che suonavano slow air davanti al poster delle Cliffs of Moher. In ogni caso a guidare tutto c’era sempre la sensibilità del singolo e una buona dose di casualità che ha fatto coincidere le necessità del proprio momento con le caratteristiche di certe sonorità e certi generi musicali.

E’ successo così anche a me: ed oggi, a vent’anni di distanza, guardo la mia agenda che in questa settimana impazzisce regolarmente, diventando piena come non mai,  e mi sento particolarmente fortunato per non aver dimenticato di essere quello che sono e da dove vengo;  così mi posso godere delle splendide serate di musica senza… fingere di essere di Cork o Belfast, anche perchè il mio accento non mente e i miei capelli sono (ancora per poco) neri anzichè rossi….

Massimo

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